Il tema delle dimensioni minime consentite per la pesca di vongole è tornato di recente ad essere oggetto di critica sulla stampa nazionale. Ma nel caso delle vongole, la normativa europea ha l’obiettivo di preservare la specie, particolarmente vulnerabile, e assicurare il mantenimento dello stock nel lungo periodo. La pesca di vongole di dimensioni inferiori a 25 millimetri provocherebbe, nel lungo periodo, una penuria di prodotto che inciderebbe ancor di più sulle tasche del settore della pesca.
La taglia minima. La taglia minima attuale, fissata nell’allegato III del Regolamento Mediterraneo n. 1967/2006, è stata adottata dal Consiglio nel dicembre 2006, al quale ovviamente partecipava anche il Ministro Italiano, ed è in vigore da gennaio 2007. È fissata sulla base del miglior parere scientifico disponibile e non esclusivamente sulla base della taglia di prima maturità sessuale della specie. Tiene conto di altri fattori, in particolare la resilienza a eventi esterni (inquinamento, temperatura e salinità dell’acqua, ecc.). Nel caso delle vongole, questi aspetti sono particolarmente importanti, poiché si tratta di specie che non si possono spostare dal fondo marino e che quindi sono vulnerabili in caso di cambiamenti nell’ambiente esterno.
Le sanzioni dell’UE sono eccessive? Partiamo dalla considerazione che le sanzioni non arrivano dall’Unione Europea. Infatti, l’UE si limita a un obbligo per gli Stati Membri di imporre sanzioni in caso di violazione di regole della Politica Comune della Pesca (PCP), in accordo con alcuni criteri (Regolamento sul controllo 1224/2009 e Regolamento sulla lotta alla pesca INN 1005/2008). Quale sia l’entità di queste sanzioni è di esclusiva competenza dello Stato Membro. Il problema, dunque, della sproporzionalità delle sanzioni è un problema italiano non europeo. Nel nostro Paese le sanzioni sono regolate dal Decreto Legislativo n. 4 del 9 gennaio 2012. Va detto che l’Amministrazione italiana sta procedendo a una revisione di questa normativa.
L’UE impone unilateralmente le norme sul pescato? La nuova Politica Comune sulla Pesca (approvata dal Consiglio e dal Parlamento UE, quindi anche da rappresentanti dell’Italia) offre un’ampia gamma di possibilità agli Stati Membri per modificare alcune misure tecniche attualmente in vigore, incluse le taglie minime. Attraverso una collaborazione a livello regionale e con il contributo delle parti interessate, gli Stati Membri possono infatti presentare alla Commissione raccomandazioni congiunte concernenti le misure tecniche volte a raggiungere gli obiettivi della PCP (principio della “regionalizzazione”). Se l’Italia o altri Paesi riterranno che ci siano evidenze scientifiche che sia mutata la situazione degli ambienti ittici sulla base dei quali sono state definite le correnti normative, potrà presentarle e richiedere una modifica. Tali raccomandazioni, basate su solidi pareri scientifici e soggette a riesame da parte del Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico per la Pesca (CSTEP), possono poi essere adottate dalla Commissione e quindi tradotte in normativa comunitaria.
Fonte: Europe Direct Veneto
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