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Siccità, inaugurazione lavori sistema Leb per ottimizzare l’acqua e contrastare l’emergenza idrica nelle campagne

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Ottimizzare l’acqua irrigua e distribuirla senza sprechi attraverso un’infrastruttura all’avanguardia per contrastare l’emergenza idrica nelle campagne venete. Questi sono gli obiettivi dei lavori di rifacimento e impermeabilizzazione dell’intero canale a cielo aperto L.E.B-Adige Guà, che consentiranno di “recuperare” 90 milioni di metri cubi di risorsa idrica all’anno, che diventeranno 120 milioni con il completamento della seconda tranche di lavori entro il 2025. Un intervento reso ancor più necessario dati i prolungati periodi di siccità e a seguito delle conseguenze della crisi climatica che stanno alterando i cicli colturali, evidenziando maggiori esigenze irrigue per mantenere la qualità del made in Italy agroalimentare e puntare ad una maggiore sovranità alimentare. A tagliare il nastro della prima opera irrigua realizzata con i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), avvenuto lo scorso 8 marzo a Belfiore in provincia di Verona, sono stati il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini ed il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Grande partecipazione di pubblico, di autorità e di rappresentanti delle istituzioni.

Lungo 48 chilometri, in parte a cielo aperto (16,25 km) ed in parte in condotto sotterraneo (27,7 km), il canale Lessino Euganeo Berico (L.E.B)-Adige Guà è una delle più importanti infrastrutture irrigue d’Italia, la principale del Veneto. Preleva le acque del fiume Adige, a Belfiore, e nel suo percorso si dirama in un fitto sistema idraulico a beneficio di un comprensorio di 350mila ettari di campagne, di cui 90mila ettari irrigui, nelle province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia. L’inaugurazione ha riguardato il primo stralcio di canale a cielo aperto lungo 4,6 chilometri da Belfiore a Veronella, i cui lavori di rifacimento sono stati finanziati per 20 milioni di euro dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’ambito del PNRR. Gli interventi, che sono realizzabili solo nella stagione non irrigua (novembre – febbraio), interessano anche un secondo tratto lungo 8 chilometri da Veronella a Cologna Veneta completato entro il 2025. Per tale tratto l’importo finanziato è di 33 milioni di euro e la ristrutturazione consentirà un risparmio di ulteriori 30 milioni di metri cubi di acqua derivata per un totale, per l’intera opera a cielo aperto, di 120 milioni di metri cubi di acqua all’anno derivati.

Il sistema L.E.B è gestito dall’omonimo Consorzio di Bonifica con sede a Cologna Veneta in provincia di Verona. È un Consorzio di secondo grado in quanto costituito da tre Consorzi di Bonifica elementari: il Consorzio di Bonifica Alta Pianura Veneta con sede a San Bonifacio (VR), il Consorzio di Bonifica Adige Euganeo con sede a Este (PD), e il Consorzio di Bonifica Bacchiglione con sede a Padova. Il presidente Moreno Cavazza in apertura di cerimonia ha ringraziato tutte le autorità presenti, tra cui Ministro Salvini e il presidente del Veneto Zaia, e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha permesso il rifacimento dell’opera, precisando: “Siamo soddisfatti e orgogliosi della conclusione del cantiere in anticipo rispetto alle previsioni progettuali nell’imminenza della riapertura delle paratoie e dell’avvio della stagione irrigua 2023. Abbiamo ottimizzato un’infrastruttura esistente e fondamentale per la nostra regione. È un risultato importante raggiunto grazie alla professionalità, all’efficienza e alla dedizione del personale del Consorzio, e di tutte le persone che hanno sin qui collaborato e delle imprese cui è stato affidato l’appalto. A questo impegno si aggiunge il progetto di ricerca e sperimentazione sviluppato dal Consorzio con le Università di Verona e Padova sempre volto all’ottimizzazione dell’acqua irrigua nelle campagne. L’attività sperimentale si sta orientando anche nella valutazione di fattibilità delle potenzialità energetiche dell’infrastruttura L.E.B sia sotto il profilo fotovoltaico che di micro-idroelettrico”.

Interventi. Francesco Cazzaro, presidente di ANBI Veneto ha detto: “L’importanza di questo canale risiede nell’essenza stessa dell’uso dell’acqua. Dove c’è acqua, c’è resilienza al cambiamento climatico, c’è produzione agricola di qualità, c’è vita, c’è collaborazione, cooperazione per gli obiettivi comuni, tenuta del tessuto non solo infrastrutturale ma anche sociale ed economico del territorio. Oggi il LEB rende concreta una parola che usiamo spesso senza magari ricordarne appieno il significato: sostenibilità”. Il presidente nazionale ANBI Francesco Vincenzi ha sottolineato: “Quella inaugurata oggi è un’opera pubblica, che è orgoglio della rete dei Consorzi di bonifica del Paese. È la prima realizzata con le risorse del PNRR a certificare l’efficienza del sistema per l’ambiente, l’agricoltura, l’occupazione”. Il presidente del Veneto Zaia sull’opera inaugurata ha sottolineato: “E’ un grande intervento e un modello di eccellenza del Veneto realizzato con i fondi del PNRR che andrà a interessare una vasta zona di quasi 100mila ettari. È fondamentale dare l’avvio a quello che ho definito il piano Marshall per l’acqua”. Bisogna investire sulla rete irrigua – ha aggiunto – per efficientare la distribuzione della risorsa. Il Ministro Salvini dopo aver evidenziato l’importanza di un’opera come il sistema LEB realizzato con grande efficienza, mettendo a frutto le risorse economiche pubbliche e dando così risposte concrete al territorio, ha spiegato che il 16 marzo sarà portato al Consiglio dei ministri: “il provvedimento che deve portare a una nuova coscienza idrica e a una nuova politica dell’acqua che ormai è oro. In Italia conteniamo solo l’11% dell’acqua piovana. Ho chiesto che nel decreto ci sia intanto un miliardo di euro per realizzare e chiudere alcuni piccoli invasi e dighe. Occorrerà una nuova coscienza ambientale superando le politiche dei no perché l’acqua è vita e non possiamo più permetterci di disperderla”.

Gli interventi di rifacimento del canale L.E.B sono stati illustrati dal direttore del Consorzio Paolo Ambroso:I lavori erano necessari poiché il tratto a cielo aperto, in cui si stanno eseguendo gli interventi, è stato realizzato tra il 1973 e il 1983. Oggi, grazie alle avanzate tecniche costruttive utilizzate per rendere impermeabile la struttura e agli innovativi sistemi di distribuzione dell’acqua, il rifacimento del canale permetterà di veicolare maggiori portate e garantirà al contempo una più efficace tenuta dell’infrastruttura elevandone gli standard di sicurezza. I lavori terminati nel canale sono stati realizzati in 270 giorni utili con 80 operai. Tutto il materiale preesistente delle vecchie lastre, pari a 17.900 metri cubi di inerte, è stato riutilizzato per fare lo strato drenante. Sono stati poi impiegati 287mila metri quadrati, pari a 42 campi da calcio, di geotessuti e geosintetici; 2.105.000 kg di acciaio di posa armature; 19.100 metri cubi di calcestruzzo portato 2.120 volte dalle betoniere. Insomma, un grande lavoro che siamo certi porterà un beneficio alle campagne venete”.

Confronto. Dopo la testimonianza del presidente di Collis Wine Group Pietro Zambon, si è svolto un confronto tra esperti moderato dal giornalista Maurizio Amoroso, vicedirettore News Mediaset, Tgcom24. L’assessore all’agricoltura del Veneto Federico Caner ha evidenziato che il vero tema è “immagazzinare l’acqua. Ora servono le risorse economiche che abbiamo stimato in circa tre miliardi di euro. Dobbiamo fare un piano strategico che coinvolga anche il settore agricolo per recuperare l’acqua e utilizzarla al meglio”. Il direttore generale di ANBI Massimo Gargano ha spiegato: “I Consorzi di bonifica dimostrano ancora una volta di essere un’eccellenza del Paese, che sa progettare e spendere le risorse affidate. Averlo dimostrato oggi alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Salvini, del Presidente della Regione Veneto, Zaia, della rappresentanza delle imprese agricole e dell’Autorità di Distretto, costituisce motivo di grande soddisfazione per l’ANBI, che ripropone il Piano Laghetti, quale opportunità irrinunciabile per contrastare la siccità ed il dissesto idrogeologico.” Sono intervenuti anche il segretario generale Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali Marina Colaizzi che ha sottolineato che “Dobbiamo prendere coscienza e decidere come gestire e utilizzare l’acqua che è fattore essenziale della produzione”. Presente anche Attilio Toscano dell’Università di Bologna, il direttore generale per le dighe e le infrastrutture idriche del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti Angelica Catalano. Per il settore agricolo erano presenti: il direttore di Coldiretti Veneto Marina Montedoro che ha detto “Oggi la superficie interessata dall’irrigazione ammonta a 550mila ettari, pari al 50% del territorio regionale classificato di bonifica. La maggiore ricorrenza di periodi di siccità (2003 e 2012 e 2022), da un lato, e la riduzione della disponibilità della risorsa idrica, dall’altro lato, hanno posto il sistema dei Consorzi di bonifica di fronte alla necessità di progettare sistemi irrigui in grado di reggere ai cambiamenti climatici, tant’è che i Consorzi si sono posti come obiettivo il miglioramento dell’efficienza di utilizzo dell’acqua di irrigazione: per irrigare più terreni con la stessa acqua o ridurre l’impiego, ferma restando la superficie irrigua”. Il presidente di Confagricoltura Verona Alberto De Togni ha evidenziato: “Quello di oggi è l’esempio concreto e tangibile di quello che gli agricoltori hanno necessità per quanto riguarda la crisi idrica. Il L.E.B è un’opera che è stata pensata e realizzata decenni fa, ma è strategica e di grandissima utilità per il territorio. Mi auguro che nei prossimi anni vengano realizzati ulteriori interventi per il miglioramento della gestione dell’acqua, sia per quanto riguarda l’agricoltura, che per gli usi civili”. È intervenuto anche il presidente di Cia Veneto Gianmichele Passarini.

Fonte: Servizio stampa Coldiretti Verona

Biodiversità degli oceani: accordo globale sulla protezione e sull’uso sostenibile delle risorse e della biodiversità in alto mare

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Si sono conclusi i negoziati globali sullo storico trattato sull’alto mare per proteggere gli oceani, affrontare il degrado ambientale, combattere i cambiamenti climatici e prevenire la perdita di biodiversità.

Il nuovo trattato consentirà di istituire su larga scala aree marine protette in alto mare, necessarie anche per rispettare l’impegno mondiale assunto nel dicembre scorso dall’accordo sul quadro globale di Kunming-Montréal al fine di proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030. Per la prima volta, il trattato imporrà anche una valutazione dell’impatto delle attività economiche sulla biodiversità in alto mare. La partecipazione dei paesi in via di sviluppo al nuovo trattato e alla sua attuazione sarà sostenuta mediante una forte componente di sviluppo di capacità e trasferimento di tecnologie marine, finanziata da varie fonti pubbliche e private e da un meccanismo equo per la condivisione dei potenziali benefici delle risorse genetiche marine.

Questo “trattato sulla biodiversità nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale”, concordato in occasione della 5a conferenza intergovernativa di New York, è il frutto di un impegno globale protrattosi per oltre un decennio nel tentativo di trovare soluzioni a questo importante problema ambientale di portata mondiale. L’UE e i suoi Stati membri hanno guidato la coalizione di ambizione elevata della BBNJ (High Ambition Coalition), che ha rivestito un ruolo cruciale nel raggiungimento dell’accordo e che riunisce 52 paesi impegnati, al più alto livello politico, nella realizzazione di azioni ambiziose finalizzate alla protezione degli oceani. La coalizione era stata istituita a Brest in occasione dello One Ocean Summit 2022 dalla presidente von der Leyen insieme alla presidenza francese del Consiglio.

Prossime tappe.Ora che i negoziati si sono conclusi, l’accordo entrerà in vigore dopo la ratifica da parte di 60 Stati.  L’UE si adopererà per garantire che ciò avvenga in tempi rapidi e per aiutare i paesi in via di sviluppo a prepararsi all’attuazione dell’accordo. A tal fine l’UE si è impegnata a stanziare 40 milioni di € nell’ambito di un programma globale per gli oceani e ha invitato i membri della coalizione di ambizione elevata a fare altrettanto nei limiti delle loro capacità. L’adozione formale del trattato avrà luogo una volta completata la revisione giuridica nelle lingue delle Nazioni Unite.

Contesto.L’alto mare offre all’umanità inestimabili benefici ecologici, economici, sociali e di sicurezza alimentare e deve essere protetto con la massima urgenza. Le aree non soggette a giurisdizione nazionale coprono quasi i due terzi degli oceani del mondo, comprese le zone d’alto mare e i fondali marini al di fuori della giurisdizione nazionale. Contengono risorse marine e biodiversità e apportano all’umanità inestimabili benefici ecologici, economici, sociali, culturali, scientifici e di sicurezza alimentare, ma subiscono pressioni sempre maggiori a causa dell’inquinamento (compreso il rumore), dello sfruttamento eccessivo, dei cambiamenti climatici e della riduzione della biodiversità. Di fronte a queste sfide e in vista della crescente domanda futura di risorse marine per ricavarne, tra le altre cose, alimenti, medicinali ed energia, la stragrande maggioranza degli Stati ha convenuto sulla necessità di questo trattato sull’alto mare, che assume la forma di un nuovo accordo di attuazione nell’ambito della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) al fine di proteggere e utilizzare in modo sostenibile le risorse di queste zone. L’accordo porterà avanti l’attuazione dei principi vigenti in seno all’UNCLOS per conseguire una gestione più olistica delle attività svolte in alto mare. Questi principi comprendono il dovere di cooperazione, il dovere di proteggere e preservare l’ambiente marino e il dovere di effettuare una valutazione preliminare dell’impatto delle attività. Questo accordo di attuazione è il terzo di questo tipo, dopo gli accordi specifici sull’estrazione mineraria dei fondi marini (1994) e sulla gestione degli stock ittici transzonali e altamente migratori (1995). Il nuovo accordo permetterebbe all’UNCLOS di stare al passo con gli sviluppi realizzati e le sfide emerse da quando la convenzione è stata elaborata trent’anni fa e sosterrebbe ulteriormente la realizzazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare dell’obiettivo di sviluppo sostenibile 14 (“la vita sott’acqua”).

Fonte: Rappresentanza in Italia Commissione europea

Siccità, grave deficit pluviometrico, portate dei fiumi nettamente inferiori alle medie storiche. L’emergenza idrica verrà trattata mercoledì 8 marzo nel confronto in programma a Belfiore (VR), dopo l’inaugurazione del primo stralcio del rifacimento del Canale Web

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“È fondamentale tutelare le risorse idriche che abbiamo a disposizione e potenziare la capacità di stoccaggio negli invasi esistenti mettendo in efficienza quelli penalizzati da masse di detriti, incrementare i sistemi di ricarica artificiale della falda e sfruttare la capacità che può assicurare la rete di cave dismesse in pianura. I dati ci dicono che possiamo parlare oggettivamente di emergenza perché lo dice la realtà, non perché si vogliono creare allarmismi. L’ultimo rapporto dell’ARPAV dice che nel mese di febbraio sul Veneto sono mediamente caduti 3 mm di precipitazione; la media del periodo 1994-2022 è di 60 mm”. Con queste parole il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, anticipa alcuni dati del “Rapporto sulla risorsa idrica in Veneto” (al 28 febbraio di quest’anno) in pubblicazione a cura dell’ARPAV (https://www.arpa.veneto.it/temi-ambientali/idrologia/file-e-allegati/rapporti-e-documenti/idrologia-regionale/idrologia-regionale-rapporti-sulla-risorsa-idrica/2023).

Elevato deficit pluviometrico. Il documento riferisce che “gli apporti meteorici mensili sul territorio regionale sono pressoché nulli (-96%) e sono stimabili in circa 46 milioni di metri cubi d’acqua”. Per ritrovare una situazione simile bisogna tornare al 1997 con 4 mm. In tutti i bacini idrografici della regione di riscontrano condizioni di elevato deficit pluviometrico che variano dal -90% del Po al -98% di Adige, Lemene, Pianura tra Livenza e Piave, Sile e Tagliamento.  Nel periodo di un mese, l’indice SPI (quantifica l’impatto del deficit di precipitazioni in diverse scale di tempi) delinea segnali di siccità moderata sulla provincia di Rovigo, sulla punta meridionale di quella di Venezia, sulla zona dell’alto Garda e su una fascia tra Bellunese, Vicentino e Trevigiano. Ma sul resto del Veneto mette in evidenza siccità “severa” che diventa “estrema” in alcune aree del Veneziano. Per quanto riguarda i fiumi, alla data del 28 febbraio, le portate “si mantengono ancora nettamente inferiori alle medie storiche su tutti i principali corsi d’acqua”.

Piano irriguo in via di preparazione. “L’acqua è vita e per quanto riguarda la nostra parte per il Veneto la stiamo sostenendo – aggiunge il governatore -.  La Regione sta promovendo interventi e sta preparando un piano irriguo. Ma il problema non è solo di una regione ma comune; di fronte a quello che appare innegabilmente un cambiamento climatico è fondamentale una nuova visione, bisogna guardare ad una strategia a livello nazionale con la definizione di un piano straordinario che tuteli le nostre risorse idriche e indichi precisi interlocutori agli amministratori regionali e territoriali. In questa ottica apprezzo la via presa dal Governo verso la nomina di un commissario”.

Mercoledì 8 marzo, alle ore 9, è prevista l’inaugurazione alla presenza delle autorità del primo stralcio del rifacimento del Canale Leb a Belfiore (VR),  il principale canale irriguo del Veneto. L’intervento è stato sostenuto con fondi Pnrr -Ministero Infrastrutture e Trasporti. Dopo la cerimonia, è previsto anche un confronto tra Massimo Gargano, direttore Generale ANBI, Marina Colaizzi, Segretario Generale Autorità di Bacino Distrettuale delle Alpi Orientali, Elisabetta Pellegrini, direttore Struttura tecnica di missione Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Angelica Catalano,direttore generale per le dighe e le infrastrutture idriche, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Francesco Battistoni, vicepresidente Commissione Lavori Pubblici della Camera, Marina Montedoro, direttore Coldiretti Veneto, Lodovico Giustiniani, presidente Confagricoltura Veneto, Gianmichele Passarini, presidente Cia Veneto, con le conclusioni affidate a Francesco Vincenzi, presidente nazionale ANBI, modera Maurizio Amoroso, vicedirettore News Mediaset, Tgcom24.

Fonte: Servizio stampa Regione Veneto/ANBI Veneto

Venerdì 24 febbraio, al Wigwam di Arzerello (PD) il corso di formazione giornalisti dal tema “La rinascita dei boschi di pianura”

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Un tempo la pianura padano-veneta era coperta da un’immensa foresta solcata da fiumi ed intervallata da estese paludi. Dopo millenni di alterne fasi di distruzione e di recupero, di tale foresta oggi non restano che pochi, sparsi lembi. Fortunatamente, da qualche anno si assiste alla realizzazione di numerosi progetti di ricostruzione degli habitat forestali planiziali e ad una intensa attività vivaistica collegata. Ne parleremo venerdì 24 febbraio, a partire dalle 18:30 fino alle 20:30, nel circolo di campagna Wigwam ad Arzerello di Piove di Sacco, nel corso di formazione giornalisti accreditato dall’Ordine dei Giornalisti “La rinascita dei boschi di pianura“. Per i giornalisti, che vogliono godere dei crediti, l’iscrizione è obbligatoria, entro il 23 Febbraio p.v., sulla piattaforma formazionegiornalisti.it (ente organizzatore: Sindacato Giornalisti del Veneto).

Coordina Renzo Michieletto, vicepresidente Argav. All’incontro interverranno: Stefano Pellizzon, vicepresidente Associazione Forestale di Pianura”, che parlerà de “La rinascita dei boschi di pianura: iniziative in corso”; Federico Correale, direttore Centri ed Aziende Agricole di Veneto Agricoltura, che tratterà l’argomento  “Dal seme all’albero, l’attività vivaistica di Veneto Agricoltura per una forestazione sostenibile”. Il corso di formazione sarà preceduto dal Direttivo Argav (ore 17).

Viticoltura sostenibile. A seguire parleremo del progetto europeo Ecovinegoal per una viticoltura sostenibile ed avremo ospite per la degustazione finale l’azienda vinicola Villa Bogdano 1880 di Lison di Portogruaro (Venezia),  con una selezione di etichette. La cantina non porterà solo i vini in degustazione ma sarà presente anche per testimoniare il suo ruolo nella continua custodia e salvaguardia della biodiversità all’interno delle sue vigne storiche e del bosco planiziale annesso riconosciuto Natura 2000. Alla guida di Villa Bogdano 1880 dal 2016 ci sono Domenico Veronese e l’amministratore Lucio Tessari. La Tenuta a corpo unico è delimitata da due fiumi e questa è una grande forza, perché nei secoli ha permesso di mantenere le caratteristiche originarie del terreno ed è ancora oggi un’oasi protetta. Nei 106 ettari di vigneti, che affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo, si privilegiano le rese basse, con grande attenzione alla tutela dei vigneti antichi e alla valorizzazione delle varietà autoctone. Oltre al Tocai Friulano, ci sono vigneti di Refosco dal Peduncolo Rosso ed è stato reimpiantata la Malvasia. Queste scelte hanno permesso ai vini di Villa Bogdano 1880 di rafforzare la loro identità, aggiudicandosi premi e trovando uno spazio definito nel mercato internazionale. Dal 2022 è membro sostenitore della Old Vine Conference, associazione internazionale con sede a Londra che tutela e promuove le vigne storiche. Per maggiori informazioni: www.villabogdano1880.it . Una presenza questa che, nella serata, beneficerà del supporto del giornalista ed esperto di vini Gian Omar Bison, consigliere Argav.

Come di consueto, il “buon convivio” degli assaggi dei cibi e dei vini costì presentati, sarà preparato dallo staff del Circolo di Campagna Wigwam APS ospitante sotto la direzione del presidente Efrem Tassinato. Presenti anche alcune Comunità Locali Wigwam del Veneto che saranno rappresentate da alcuni produttori di eccellenza quali la Marco Bellavere Spa con le sue specialità dolciarie tipiche. Non è previsto un costo di partecipazione ma solo essere in regola con le quote associative ad ARGAV e/o FNSI e all’Associazione Wigwam, con possibilità di rinnovo o nuova iscrizione da regolarizzare anche nell’occasione. L’accettazione di partecipanti sarà fino ad esaurimento dei posti disponibili. Info e prenotazioni: arzerello@wigwam.it WhatsApp +39 333 3938555

L’Orto botanico di Padova riapre alle visite con la novità del Museo botanico, appassionante viaggio nella storia delle relazioni tra botanica e medicina

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L’Orto rinascimentale e il Giardino della biodiversità di Padova si arricchiscono di un nuovo nucleo espositivo che presenta per la prima volta al pubblico una significativa selezione del patrimonio storico dell’Università di Padova, finora destinato principalmente a ricerca e didattica e non visibile al grande pubblico. Tra botanica e medicina, chi visita il Museo può scoprire la storia dell’Orto, delle sue piante e di chi le ha raccolte, in un viaggio attraverso i secoli che inizia dalla sua fondazione, quando vi si coltivavano e studiavano le piante medicinali, e arriva fino al Novecento.

Si tratta di collezioni botaniche risalenti prevalentemente all’Ottocento e al primo Novecento, tra cui spicca l’erbario storico – uno straordinario archivio della biodiversità vegetale con circa 800.000 esemplari tra piante, alghe, funghi e licheni essiccati – e che conta anche 16.000 provette con semi di specie alimentari, medicinali e ornamentali, le tavole didattiche ottocentesche, modelli di funghi e sezioni di legni. Ad aprire la collezione di erbari l’Erbario assoluto, opera di fuse*, che reinterpreta le illustrazioni botaniche e gli erbari storici dell’Orto di Padova alla ricerca dell’essenza della pianta e delle sue metamorfosi. Le immagini sono elaborate attraverso algoritmi di machine learning che rintracciano i caratteri ricorrenti e salienti di fiori e foglie e ne colgono somiglianze e differenze, creando un’installazione artistica che unisce sensibilità umana e intelligenza artificiale e offre uno sguardo nuovo sul mondo vegetale.

Lungo il percorso, che si sviluppa su una superficie di 500 metri quadrati ed è curato dalla responsabile scientifica Elena Canadelli, si incontrano anche un esemplare di agnocasto risalente alla fine del Cinquecento e le prime edizioni di volumi che hanno fatto la storia della botanica e della medicina (da Vesalio a Mattioli, da Berengario da Carpi ad Alpini). Dopo quasi 500 anni dalla fondazione, arriva in Orto botanico anche la spezieria che il medico Francesco Bonafede avrebbe voluto attiva fin dal 1545: si tratta della farmacia di fine Settecento donata all’Università dal farmacista Giuseppe Maggioni con la sua strumentazione, le preparazioni e i farmaci che attraversano almeno tre secoli di storia della farmaceutica e della medicina. Un ambiente in cui immergersi scoprendo in un video la vita quotidiana dello Speziale.

Il percorso racconta la fitta rete di scambi di piante e semi dell’Orto, un importante centro di introduzione e coltivazione di piante medicinali, alimentari e ornamentali da varie parti del mondo: storia che viene ripercorsa ammirando le collezioni di erbari, ma anche con esperienze interattive come quella di Botanica senza frontiere, in cui si incontrano personaggi e luoghi, e quella della Storia illustrata, in cui si ripercorre la storia della medicina e della botanica in 12 tappe che passano anche da Padova, oppure il gioco che sprona a indovinare le piante introdotte per la prima volta in Italia e i protagonisti padovani ai quali ancora oggi sono dedicati i nomi di interi generi di piante.

Negli spazi del Teatro botanico recentemente restaurato si può assistere alla proiezione del film Goethe. La vita delle foglie, scritto e diretto da Denis Brotto, dove si racconta l’ideale ritorno a Padova oggi, nel 2023, del grande artista tedesco, interpretato da Giulio Casale: un’occasione per ripensare al suo viaggio in Italia, avvenuto nel 1786, e soprattutto alla genesi del suo celebre saggio La metamorfosi delle piante, pubblicato nel 1790.

Grazie al Museo il visitatore può mettere insieme gli elementi più importanti dell’Orto, ampliando lo sguardo alla storia della botanica e della medicina, conoscendo i suoi protagonisti e scoprendo ancora meglio il dialogo tra le geometrie rinascimentali dell’Orto antico, le serre del Giardino della biodiversità inaugurate nel 2014 e il ricco patrimonio archivistico e librario conservato al primo piano dell’edificio nella nuova “Biblioteca storica di medicina e botanica Vincenzo Pinali e Giovanni Marsili”. Il biglietto d’ingresso all’Orto consente di visitare anche il museo e la mostra durante gli orari di apertura.

Fonte: Orto Botanico di Padova

Una green community per la Valsugana (TN)

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(di Giancarlo Orsingher, vice presidente Argav) «Comunità locali coordinate e associate tra loro che vogliono realizzare insieme piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale». Questo sono, in sintesi, le “Green communities” previste dal Pnrr (il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanziato dall’Unione europea) e la cui realizzazione è stata avviata nell’estate scorsa dal Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in particolare con uno specifico bando che ha messo a disposizione 129 milioni di Euro per l’avvio di almeno 30 di esse.

Alla fine della valutazione le Green Communities ammesse a finanziamento su tutto il territorio nazionale sono state 35 (su 178 richieste inoltrate) e fra queste una spettava al Trentino. Ad aggiudicarsela è stata la Comunità Valsugana e Tesino, che con 29 punti in graduatoria, ha avuto la meglio sulla proposta della Comunità della val di Fiemme, fermatasi a 15 punti, e su quella del Primiero. Il progetto della Comunità Valsugana e Tesino prevede investimenti per un totale di 4.715.000,00 Euro, 3.772.00,00 dei quali finanziati dal PNRR e con l’importo rimanente messo in campo dalla Comunità Valsugana e Tesino e dai Comuni di Scurelle, Telve e Roncegno Terme. Per l’Alto Adige, l’intervento sarà realizzato dalla Comunità comprensoriale della val Venosta, unico soggetto ad aver presentato la domanda.

Gli interventi. Corposo e impegnativo il programma delle iniziative previste in Valsugana e Tesino, con ben 16 interventi, alcuni interessanti tutto il territorio della Comunità, altri focalizzati in particolare sulla valle del torrente Maso. In campo forestale è prevista la riforestazione di almeno 100 ettari di bosco schiantato da Vaia e poi colpito dal bostrico nei Comuni di Scurelle e Telve, i più colpiti dal danno. Al fine di una gestione ottimale delle risorse idriche, tutto il territorio della Comunità sarà interessato dalla mappatura dei sistemi di accumulo idrico in alta quota, con la realizzazione di due pozze-serbatoio, una sicuramente all’Aia del Buso (Scurelle), mentre la seconda sarà individuata dopo uno specifico studio che vedrà coinvolta anche l’Università di Trento.  Lo studio riguarderà anche le modalità di smaltimento dei rifiuti nelle strutture turistiche sopra i 1.000 metri di quota e le possibilità offerte dalla fitodepurazione, oltre a un intervento pilota all’agritur Caserine, attualmente non allacciato alla rete fognaria e su una seconda struttura da individuare. L’ambito della produzione di energia da fonti rinnovabili ha in programma il censimento generale delle modalità attualmente in essere nelle strutture in quota con l‘installazione di pannelli fotovoltaici a malga Cere e al rifugio Caldenave, oltre alla conversione da gasolio a cippato dell’impianto di riscaldamento dell’Albergo SAT Lagorai in Val Campelle.

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Turismo sostenibile. Estesa a tutto il territorio della Comunità Valsugana e Tesino, anzi dell’APT Valsugana Lagorai, è l’azione legata al turismo sostenibile, con la valorizzazione di pacchetti turistici per destagionalizzare l’offerta, lo sviluppo del prodotto turistico “Destinazione malghe”, la promozione della prima stazione sciistica senza impianti e la valorizzazione dei siti della Grande Guerra, in collaborazione con il Museo di Borgo, anche tramite audio-guide che consentano di apprezzarli al meglio. Sostanziosa è l’azione legata alla gestione sostenibile del patrimonio edilizio montano con interventi sullo stallone di malga Valsolero di Sopra, sulle pertinenze di malga Cagnon di Sotto, su Malga Trenca e con il recupero di due rustici di proprietà pubblica in Val Campelle da destinare a ospitalità rurale. Quattro antichi manufatti (non ancora individuati) saranno inoltre recuperati a servizio della pastorizia per prevenire i danni da lupo, sulla falsariga di quello recentemente realizzato nella zona dei Sette Laghi.

Per arrivare ad avere una “montagna smart” sarà svolto uno studio su tutto il territorio per verificare la copertura della rete a banda ultralarga con due progetti pilota, uno in Val Campelle e il secondo in un’area da definire, come pure sarà individuata la struttura turistica (pubblica) da certificare per l‘ottimale gestione dei rifiuti dopo che sarà stato elaborato un disciplinare da applicare in questo campo alle strutture turistiche in quota. Di nuovo tutta l’area sarà interessata dall’azione di “integrazione dei servizi di mobilità” con la definizione di un modello di mobilità intermodale sia per il fondovalle che per la montagna, l’acquisto di tre minibus e di una flotta di bici elettriche, la messa in rete di circa 150 chilometri di percorsi per mountain bike ed e-bike dotandoli anche di una decina di punti di ricarica.  Un progetto pilota in Val Campelle prevede la razionalizzazione della mobilità automobilistica con un parcheggio “di attestamento” dal quale ciclisti e pedoni potranno arrivare alle aree di sosta che saranno gestite in maniera innovativa. Infine ci sarà spazio anche per l’agricoltura con il coinvolgimento di una trentina di aziende disponibili a sperimentare pratiche di agroecologia, che saranno messe in pratica anche con la collaborazione della Fondazione Edmund Mach e della Fondazione De Bellat.

Un grosso progetto quindi, anzi sedici diversi progetti in uno, che richiedono fin d’ora un grosso impegno da parte di tutti i soggetti coinvolti, a cominciare naturalmente dalla Comunità Valsugana e Tesino, titolare dell’iniziativa, che – come ci dice il presidente Enrico Galvan – dovrà anche fare i conti con la non indifferente mole di attività amministrativa e con i tempi stretti e vincolanti imposti dal PNRR. Il tutto infatti dovrà essere completato entro il marzo 2026. 

Che cosa sono le Green Communities? Si tratta di comunità locali che intendono sfruttare in modo equilibrato le risorse di cui dispongono realizzando piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale comprendenti attività legate a: gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, gestione integrata e certificata delle risorse idriche, produzione di energia da fonti rinnovabili locali, sviluppo di un turismo sostenibile, costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture di una montagna moderna, efficienza energetica e integrazione intelligente degli impianti e delle reti, sviluppo sostenibile delle attività produttive, integrazione dei servizi di mobilità, sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile. Tutti gli interventi devono essere progettati, realizzati e gestiti secondo il modello dell’economia circolare e nel quadro di obiettivi di riduzione dei consumi energetici, attraverso misure di efficientamento energetico e, dove possibile, ricorrendo all’uso di energie alternative e rinnovabili e in ciascuna fase degli interventi si dovrà porre particolare attenzione a non arrecare alcun danno significativo all’ambiente.

Articolo pubblicato su “Il Cinque” febbraio 2023

Siccità. Il paesaggio veneto sta assumendo una colorazione tipica delle aree del sud Italia, bassi i livelli delle falde acquifere. I Consorzi di bonifica e ANBI Veneto in audizione alla Commissione Agricoltura del Consiglio regionale del Veneto.

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“I mutamenti climatici ci impongono di operare contemporaneamente su un doppio binario: agire con velocità nelle situazioni di emergenza, com’è stata la straordinaria siccità del 2022, e progettare e realizzare opere in grado di rispondere in maniera organica alle nuove sfide.” ANBI Veneto e i Consorzi di Bonifica della Regione hanno incontrato la Commissione Agricoltura del Consiglio Regionale del Veneto e hanno presentato le istanze del territorio.

Le sfide legate ai mutamenti climatici richiedono misure emergenziali e azioni strutturate lungimiranti: in entrambi i casi servono risorse e pianificazione. Lo ha affermato il presidente di ANBI Veneto Francesco Cazzaro, nel corso dell’audizione con la 3^ commissione (Agricoltura) del Consiglio Regionale mercoledì 1 febbraio 2023. E’ stata una preziosa occasione per ripercorrere i grandi temi di questi mesi – siccità, caro energia, rinnovo delle concessioni di derivazione – e ribadire la necessità di investire in un piano per aumentare la capacità del territorio di trattenere risorsa (Piano Laghetti, 88 proposte d’intervento atti ad aumentare la capacità del territorio di trattenere risorsa, riducendone pertanto la dispersione a mare. Il piano prevede il recupero di cave dismesse, la realizzazione di bacini di pianura ad alto valore ambientale, l’allargamento delle sezioni dei canali e la bacinizzazione di corsi d’acqua verso il mare. Con il via libera della Regione, inizierà la caccia ai finanziamenti: 800 mln di euro complessivi, auspicando interventi da ministeri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e delle Infrastrutture e trasporti). “Chiediamo alla Regione del Veneto di sostenere e accompagnarci nel percorso di ottenimento di risorse attraverso linee ministeriali, risorse fondamentali per affrontare le sfide che abbiamo davanti”, ha chiosato il direttore di ANBI Veneto, Andrea Crestani.

2022, anno più caldo di sempre, in Veneto è mancato il 30 per cento di pioggia. Il grave problema del 2022 infatti è stata la straordinaria siccità che caratterizzato fiumi, bacini di montagna, falde e depositi nivali. Con 771 mm di pioggia in media contro una media di riferimento di 1100 mm il 2022 è l’anno più secco degli ultimi 30 anni: -30%, peggio del record del 2015. L’anno idrologico (ottobre 2022 – ottobre 2023) si è aperto in Veneto con un deficit di piovosità di 92 mm rispetto alla media 1994-2021. L’inizio del 2023 è stato caratterizzato da diversi episodi di pioggia e nevi ma la situazione desta ancora apprensione soprattutto a causa dei bassi livelli delle falde acquifere; a metà gennaio, per esempio, gli acquiferi dell’alta pianura veronese segnavano livelli di 30-40 cm inferiori al precedente minimo storico per gennaio (2018). Alla data del 15 gennaio le portate dei maggiori fiumi veneti sono quasi ovunque inferiori rispetto alla media del periodo: Po -36% (a Pontelagoscuro), Bacchiglione -55% (a Montegaldella), Adige -15% (Boara Pisani), Brenta -20% (Bassano del Grappa). “Abbiamo un territorio che per mancanza di acqua, sia di pioggia che di acqua che scorre nei fiumi e nei canali, si sta modificando – spiega Cazzaro – , stiamo assumendo una colorazione del paesaggio tipica delle aree del sud Italia e, con questo trend, rischiamo di assumere caratteristiche proprie delle aree semidesertiche”.

Fonte: Servizio stampa ANBI Veneto

Influenza aviaria H5N1/HPAI in un allevamento di visoni in Spagna ad alta patogenicità, nessun pericolo per l’uomo ma alta la soglia di attenzione

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I ricercatori del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, in collaborazione con i colleghi del Laboratorio di referenza nazionale per l’influenza aviaria spagnolo di Madrid (Spagna) e le autorità sanitarie spagnole, hanno identificato un virus influenzale aviario H5N1 ad alta patogenicità (HPAI) in un allevamento di visoni da pelliccia nel nord ovest della Spagna. I risultati delle indagini epidemiologiche, cliniche e genetiche sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Eurosurveillance. I fatti risalgono ad ottobre 2022, quando a seguito di un aumento improvviso della mortalità registrato in un allevamento di visoni, alcuni campioni prelevati da animali sintomatici sono stati inviati ai laboratori spagnoli per gli accertamenti analitici. Le analisi hanno permesso di rilevare la presenza del virus H5N1/HPAI.

Al momento è ignoto il meccanismo di introduzione e diffusione del virus in azienda. Tuttavia, considerate le mortalità riscontrate nei volatili selvatici marini nelle settimane precedenti nella stessa regione, causate dal virus H5N1/HPAI, i ricercatori ipotizzano che il virus sia stato introdotto dagli uccelli selvatici. Restano da approfondire i meccanismi di diffusione del virus in azienda e le modalità di trasmissione tra i visoni. Ulteriori studi sono in corso per caratterizzare la virulenza e la trasmissibilità del virus.

Le analisi genetiche hanno consentito di stabilire che il virus appartiene ad un gruppo virale ben conosciuto, responsabile della grave epidemia di influenza aviaria in atto da oltre due anni nei volatili domestici e selvatici in Europa e nel mondo. Sebbene il virus identificato nei visoni si distingua dai ceppi finora descritti nei volatili europei per alcune mutazioni presenti nel suo genoma, si sottolinea che nessuna delle mutazioni rilevate è fra quelle note per rendere un virus H5N1/HPAI trasmissibile efficacemente da uomo a uomo. Gli autori hanno inoltre evidenziato che nessun caso di infezione è stato riscontrato dalle indagini diagnostiche specifiche effettuate dalle autorità sanitarie spagnole negli operatori dell’azienda potenzialmente esposti.

La suscettibilità dei visoni all’infezione con i virus influenzali tipo A umani ed aviari è già stata documentata in diversi studi precedenti. Tuttavia, il caso descritto ricorda l’importanza di implementare adeguati piani di sorveglianza per i virus influenzali in questo settore produttivo e l’assoluta necessità di rafforzare le misure di biosicurezza per prevenire il contatto con i volatili selvatici ed evitare il verificarsi di eventi di trasmissione di virus influenzali dal visone all’uomo e viceversa. “Questo evento ci ricorda che il virus influenzale aviario ad alta patogenicità H5N1 non è un problema solo dei volatili – sottolinea Isabella Monne, veterinario del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria presso l’IZSVe e coautrice dello studio – È in atto un’emergenza epidemica globale, senza precedenti, che non sconvolge solo la produzione avicola ma che sta colpendo gravemente molte specie di volatili selvatici e sporadicamente anche di mammiferi selvatici, minacciando gravemente la biodiversità del nostro pianeta. La continua circolazione del virus nella popolazione selvatica e le mortalità massive causate dal diffondersi dell’infezione in alcune specie rischia di sbilanciare ulteriormente gli ecosistemi con conseguenze ignote anche sulle dinamiche evolutive del virus. Anche questa emergenza va affrontata con un approccio One Health, globale e multidisciplinare, con la massima attenzione e prontezza, come abbiamo cominciato a capire grazie alla lezione della pandemia da Covid-19. Un virus influenzale capace di causare lospillover nei mammiferi va fermato prima di diventare un problema per la sanità pubblica”.

Fonte: Servizio stampa IZSVe

Venerdì 27 gennaio, corso di formazione giornalisti “Tre ricerche per conoscere il Veneto di oggi” al Wigwam di Arzerello di Piove di Sacco (PD), iscrizioni tramite piattaforma entro il 26 gennaio

Relatori incontro ARGAV Wigwam Agronet dicembre 2012

foto di repertorio

Venerdì 27 gennaio p.v., dalle 18.30 alle 20.30, Argav organizza il primo corso di formazione del nuovo anno che ha per tema “Tre ricerche per conoscere il Veneto di oggi” e si terrà nella sede del Circolo di campagna Wigeam ad Arzerello di Piove di Sacco (PD), in via Porto 8.bIl corso vuole offrire strumenti d’analisi della realtà territoriale a partire da tre recenti iniziative, indicatrici della condizione urbanistica, ambientale e montana del Veneto:una banca dati funzionale al riutilizzo dell’esistente patrimonio edilizio, quale elemento di sostenibilità  e contrasto all’eccessiva cementificazione; uno studio sullo stato delle risorgive; il progetto Rigeneramontagna.

Saranno relatori: Federico Della Puppa, ricercatore Responsabile Area Analisi & Strategie Smart Land – Consulente Confartigianato Veneto, “La prima mappa interattiva degli edifici pubblici inutilizzati”; Andrea Crestani, direttore ANBI (Associazione Nazionale Consorzi Gestione Tutela Territorio ed Acque Irrigue) Veneto, “Le risorgive, termometro della salute di un territorio idricamente artificiale”; Laura Secco, docente Università Padova – Collaboratrice Fondazione Giovanni Angelini Centro Studi sulla Montagna, “L’uso delle risorse ed il significato dei luoghi attraverso lo sguardo delle giovani generazioni”. 

Le iscrizioni devono essere effettuate, entro giovedì 26 Gennaio p.v., attraverso la piattaforma “www.formazionegiornalisti.it”, digitando come organizzatore “Ente Terzo Formatore” e quindi completando il filtro, scrivendo “Sindacato Giornalisti Veneto”. Il corso attribuirà 2 crediti formativi.

Al via giovedì 26 gennaio al XXIII corso on line del Gruppo Giardino Storico dell’Università di Padova, “Paesaggio ed energia: dalla storia alle sfide del presente” la tematica affrontata quest’anno, possibilità ancora di iscriversi

Fonti Rinnovabili 13

Il ruolo di primo piano assunto ormai dalle forme di energia da fonte rinnovabile cambierà i paesaggi. Quali percorsi intraprendere per non perdere i caratteri e i valori dei luoghi? Con quali strumenti favorire una progettazione di qualità e una maggiore tutela del paesaggio? Che tipo di attenzione riservare alle diverse trame relazionali del territorio: ecosistemica, storica, estetico-visuale, sociale? Come attuare un’integrazione sistemica tra energia e paesaggio e far sì che le nuove tecnologie diventino elementi stessi del paesaggio? Il XXXIII corso esaminerà alcuni aspetti di queste trasformazioni in atto, invitando a una riflessione che potrà essere utilmente approfondita andando a ritroso nella storia, a partire da quella dell’arte dei giardini e del sistema di relazioni che il giardino intrattiene con le risorse energetiche del territorio circostante.

Si darà anche conto dei primi esperimenti di utilizzo di energie alternative in alcuni tra i maggiori giardini storici italiani: Venaria Reale, Villa Adriana e Villa d’Este, la Reggia di CasertaIl corso terrà presenti due versanti di indagine. Da un lato proporrà un approfondimento delle varie fonti energetiche nella loro evoluzione storica, diversità e utilizzo, cercando di dare delle risposte su come governare le trasformazioni del paesaggio conseguenti alla realizzazione di impianti, manufatti e infrastrutture per l’utilizzo di energie rinnovabili. Una ricognizione sui servizi ecosistemici e sul paesaggio agrario in rapporto alle energie rinnovabili darà modo di approfondire dei temi che stanno assumendo sempre maggiore importanza. Dall’altro lato il corso offrirà un’esplorazione sul ruolo che devono assumere i paesaggisti nella trasformazione verso i “paesaggi energetici” e sulla sensibilità progettuale richiesta. Il confronto con alcune pratiche consentirà di fare riflessioni su progresso, criticità in atto e potenzialità del processo. Per analizzare questi fenomeni saranno presentati come di consueto diversi punti di vista, oltre agli strumenti che permettono di comprenderli e analizzarli. Riflettere sull’interpretazione di questi e altri problemi, coniugando la storia del paesaggio e del giardino con le esigenze di una contemporaneità consapevole, è il compito che si dà il XXXIII corso del Gruppo Giardino Storico dell’Università di Padova. 

L’uso di energia ha plasmato da sempre la società: dalla preistoria al Neolitico, dalla rivoluzione industriale alla contemporaneità. Non esistono processi naturali o attività antropiche senza la presenza di energia che opera in modi diversi e assume differenti connotazioni, in funzione anche del tempo. Vi è innanzi tutto l’energia che influenza in modo visibile il paesaggio, con i manufatti, gli impianti e le attività necessarie per la produzione, la trasmissione e l’utilizzo di energia. Nella lunga storia dei paesaggi umani, via via che si arriva alla modernità, i “paesaggi energetici hanno prodotto una ripercussione sull’ambiente e il paesaggio sempre maggiore: dalla scoperta del fuoco e dei successivi incendi ai grandi disboscamenti, dall’invenzione del mulino alla scoperta del carbone, dall’introduzione dell’elettricità alle dighe e ai laghi artificiali, dalle industrie alle raffinerie. Il ruolo di primo piano assunto ormai dalle forme di energia da fonte rinnovabile cambierà i paesaggi. Quali percorsi intraprendere per non perdere i caratteri e i valori dei luoghi? Con quali strumenti favorire una progettazione di qualità e una maggiore tutela del paesaggio? Che tipo di attenzione riservare alle diverse trame relazionali del territorio: ecosistemica, storica, estetico-visuale, sociale? Come attuare un’integrazione sistemica tra energia e paesaggio e far sì che le nuove tecnologie
diventino elementi stessi del paesaggio? 
Il XXXIII corso esaminerà alcuni aspetti di queste trasformazioni in atto, invitando a una riflessione che potrà essere utilmente approfondita andando a ritroso nella storia, a partire da quella dell’arte dei giardini e del sistema di relazioni che il giardino intrattiene con le risorse energetiche del territorio circostante. Si darà anche conto dei primi esperimenti di utilizzo di energie alternative in alcuni tra i maggiori giardini storici italiani: Venaria Reale, Villa Adriana e Villa d’Este, la Reggia di CasertaIl corso terrà presenti due versanti di indagine. Da un lato proporrà un approfondimento delle varie fonti energetiche nella loro evoluzione storica, diversità e utilizzo, cercando di dare delle risposte su come governare le trasformazioni del paesaggio conseguenti alla realizzazione di impianti, manufatti e infrastrutture per l’utilizzo di energie rinnovabili. Una ricognizione sui servizi ecosistemici e sul paesaggio agrario in rapporto alle energie rinnovabili darà modo di approfondire dei temi che stanno assumendo sempre maggiore importanza. Dall’altro lato il corso offrirà un’esplorazione sul ruolo che devono assumere i paesaggisti nella trasformazione verso i paesaggi energetici e sulla sensibilità progettuale richiesta. Il confronto con alcune pratiche consentirà di fare riflessioni su progresso, criticità in atto e potenzialità del processo. Per analizzare questi fenomeni saranno presentati come di consueto diversi punti di vista, oltre agli strumenti che permettono di comprenderli e analizzarli. Riflettere sull’interpretazione di questi e altri problemi, coniugando la storia del paesaggio e del giardino con le esigenze di una contemporaneità consapevole, è il compito che si dà il XXXIII corso del Gruppo Giardino Storico dell’Università di Padova. 

Le lezioni si svolgono sulla piattaforma ZOOM dell’Università di Padova, il giovedì, ore 17.00-19.00. Contributo di
partecipazione 30 €. Info: http//www.giardinostoricounivpadova.it; email: segreteria@giardinostoricounivpadova.it.


Fonte: Gruppo Giardino Storico di Padova