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Piante officinali, “nuova” risorsa per valorizzare la montagna

Camomilla, lavanda, melissa, malva, timo, rosmarino: le piante officinali sono utilizzate dai tempi più remoti come alimento, per aromatizzare vivande, preparare infusi e tisane nonché per la cura e il benessere del corpo. Ebbene, oggi possono rappresentare un nuovo strumento per valorizzare la montagna, implementare l’offerta integrata prodotti/territorio, generare e favorire il turismo “naturale” nelle aree più marginali. E’ il messaggio scaturito a Vigalzano di Pergine Valsugana (Tn), nella sede periferica dellIstituto Agrario, nell’ambito del convegno organizzato lo scorso 3 marzo sulle esperienze di coltivazione delle piante officinali e aromatiche che ha visto una buona partecipazione di produttori e appassionati, in cui sono intervenuti i tecnici del progetto speciale “produzioni ortoflorofrutticole” dal Centro Trasferimento Tecnologico, ricercatori e operatori del settore provenienti da varie regioni alpine.

Una nuova e buona integrazione di reddito per gli agricoltori. Il settore delle piante officinali cresce e riscontra sempre maggior interesse presso i consumatori. In particolare per chi opera nel settore agricolo, queste erbe dalle particolari proprietà di cui è ricchissimo il Trentino, sono diventate negli ultimi anni una nuova e buona integrazione di reddito, soprattutto nelle aree marginali. “Un numero sempre maggiore di agricoltori –spiega il tecnico Flavio Kaisermann, che ha moderato l’incontro-  le coltiva nei propri orti per poi trasformarle e commercializzarle sottoforma di tisane, prodotti alimentari come sali e confetture alle erbe, ma anche cosmetici, soprattutto sali da bagno e creme”. L’utilizzo di tali prodotti si è particolarmente diffuso presso le varie strutture ricettive in ambiente rurale, nei mercati agricoli di prossimità ed attraverso reti commerciali dedicate.

La Provincia di Trento ha creato l’albo dei produttori e un marchio apposito.  “Con l’adozione di una serie di provvedimenti normativi nel corso dell’anno 2008 la Provincia di Trento ha voluto favorire lo sviluppo del settore delle piante officinali” ha affermato Federico Bigaran, dell’Ufficio produzioni biologiche della Provincia autonoma di Trento. E’ stato creato un albo dei produttori e un apposito marchio, “Trentinerbe”, per valorizzare le produzioni trentine, qualificare i prodotti e garantire il consumatore attraverso controlli rigorosi. Attualmente operano in provincia di Trento due associazioni di coltivatori di erbe officinali,Montagna & Benessere” e “Florere”, ma anche numerosi singoli produttori.

Prossimo incontro sulle erbe officinali il 20 marzo alla Mostra mercato dell’agricoltura di montagna
. Per coltivare le piante officinali è necessaria un’adeguata preparazione ed il compendio normativo ha previsto l’istituzione di specifici corsi formativi. Come quello organizzato per il secondo anno dall’Istituto di San Michele, che ha registrato un elevatissimo numero di iscritti. Nel corso dell’incontro si è parlato di coltivazione di piante alimentari spontanee (Dente di cane, Pungitopo, Silene, erba “Buon Enrico”, ecc.) e della proposta dell’orto botanico di valle, uno strumento per integrare l’offerta turistica, che prevede la messa a dimora di diverse piante officinali e non (alimentari, tessili, per tisane, ad uso cosmetico, coloranti, per la cura degli animali) tradizionalmente coltivate e utilizzate un tempo dagli abitanti del luogo. Di erbe officinali e aromatiche si parlerà anche il 20 marzo, alle 14.30, a Trento fiere, nell’ambito della Mostra mercato dell’agricoltura di montagna.

(fonte Fondazione Edmund Mach Istituto Agrario di San Michele all’Adige)

Frutticoltura, le tecniche per l’uso razionale degli agrofarmaci

Frutteti Valli del Noce (foto Facoltà Scienze Università di Trento)

Dal contenimento delle dispersioni degli agrofarmaci nell’ambiente durante i trattamenti al controllo nei frutteti della “cicalina bufalo”, dall’accelerazione dei rinnovi alle indicazioni per difendere le piante di melo nella prossima annata: anche quest’anno l’incontro tecnico frutticolo promosso dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige per le valli del Noce ha proposto tematiche attuali e ha fatto il pieno di pubblico all’auditorium del Polo scolastico di Cles. Più di 600 frutticoltori hanno ascoltato con attenzione gli interventi dei tecnici e sperimentatori del Centro trasferimento tecnologico. L’incontro, aperto con i saluti del presidente Francesco Salamini, è stato moderato dal tecnico Fabrizio Dolzani. Diversi gli argomenti affrontati, vediamoli uno ad uno.

Le indicazioni tecniche per contenere la “dispersione” nell’ambiente degli  agrofarmaci. Nelle valli del Noce, dove la frutticoltura è molto parcellizzata e spesso contigua alle zone abitate, la dispersione di questi prodotti nell’ambiente, chiamata tecnicamente “deriva”, può essere contenuta operando con macchine “a basso impatto ambientale”, in condizioni climatiche favorevoli (assenza di vento) e con un utilizzo corretto, adottando cioè un comportamento responsabile sia in fase di manipolazione che distribuzione in campo. All’Istituto Agrario gli studi sulla corretta distribuzione degli agrofarmaci sono iniziati alcuni anni fa. Daniel Bondesan e Piergiorgio Ianes hanno spiegato, in particolare, che lo scorso anno è stata avviata una specifica attività sperimentale per verificare, in maniera precisa, i fattori che consentono di  contenere al massimo la “deriva”. Già dai primi risultati, è possibile confermare l’efficacia di alcuni dispositivi (convogliatore d’aria a torretta ed ugelli antideriva) nel contenimento delle dispersioni.

Estirpazione meli in un frutteto large (foto Vita Trentina)

Accelerazione dei rinnovi, diversificazione delle varietà e riduzione delle taglie dei frutteti. Il distretto produttivo delle Valli del Noce, negli ultimi 10 anni, è stato oggetto di profondi e significativi cambiamenti che hanno portato tutti gli attori della filiera a modificare il modo di produrre, gestire e commercializzare la mela. L’architettura degli impianti coltivati a melo è cambiata: gli agricoltori si sono trovati costretti a sostituire rapidamente (il rinnovo prima del 2000 era del 2%,  mentre negli  ultimi tre- quattro anni arriva al 7 %) i meli che erano affetti dagli scopazzi o che presentavano una taglia o un’età tali da non rendere economicamente vantaggiosa la loro coltivazione. “Da questo notevole sforzo –ha spiegato Massimiliano Gremes, responsabile qualità di Melinda- è nata l’opportunità di ridurre in modo permanente la taglia dell’albero da frutto e in alcuni casi sostituire la varietà di mele precedentemente coltivate con varietà più adatte a un determinato ambiente di coltivazione piuttosto che commercialmente più interessanti. Un esempio su tutte quello di Gala e Fuji che hanno rosicchiato terreno alla Golden varietà che comunque rimane la regina indiscussa  delle Valli del Noce”.

Corretta irrigazione, potatura, concimazione e diradamento per piante più produttive. A partire dal 2002 nelle Valli del Noce si è assistito ad un forte rinnovo dei frutteti; negli ultimi otto anni, infatti, sono stati messi a dimora circa 3500 ettari, che rappresentano oltre la metà della superficie frutticola. I nuovi impianti realizzati a densità  elevata ( 3000-3600 piante ad ettaro) e con materiale vivaistico ben ramificato permettono di ottenere produzioni iniziali precoci, ma necessitano di un’attenta gestione delle pratiche agronomiche. La problematica principale che si deve affrontare è la scarsa vigoria degli impianti nei primi anni, che si traduce nella difficoltà a riempire i sesti a disposizione e porta ad un ritardo nell’entrata in piena produzione. La preparazione del terreno, la scelta del portinnesto e la gestione del frutteto nei primi anni sono fattori in grado di condizionare la vigoria delle piante. Di qui l’importanza della corretta irrigazione, potatura, concimazione e diradamento per raggiungere la piena produzione.

Cicalina del bufalo (foto agraria.org)

La cicalina bufalo nelle campagne della valle di Non. Questo parassita è un insetto di origine americana, diffuso in Italia soprattutto nelle regioni settentrionali. E’ presente da alcuni anni in Trentino sulle piante di melo e il suo nome riflette la singolare forma del corpo dell’insetto. Matteo de Concini e Andrea Branz hanno spiegato che nella scorsa stagione hanno provocato in valle di Non particolari danni su rami delle giovani piante con presenza di funghi che colpiscono il tessuto e formano marcescenze e cancri. Per contenere l’insetto occorre attuare le normali pratiche agronomiche di pulizia dell’interfilare: soprattutto nell’anno d’impianto è opportuno effettuare ripetuti sfalci, evitare la realizzazione di orti nell’interfilare o nelle immediate vicinanze dei frutteti e mantenere puliti i fossati al limite degli impianti. L’eventuale danno dovuto a cancri che possono svilupparsi è facilmente contenibile con prodotti rameici.

Ticchiolatura, ricamatori e petecchia: come difendere i frutteti. La ticchiolatura si conferma la principale malattia del melo da combattere e nelle ultime due stagioni è stata registrata una recrudescenza. Maurizio Chini, Andrea Branz, Evelin Conter, Mario Springhetti, Matteo De Concini hanno spiegato che si è cercato di valutare le cause che hanno portato a una così forte virulenza del fungo e come sarà possibile migliorare la difesa per le prossime annate, sia dal punto di vista della strategia sia per quanto riguarda le modalità di intervento. “L’altra problematica –spiegano- che ha interessato la Valle di Non nella scorsa annata, sono stati i ricamatori: i tecnici hanno valutato la loro diffusione negli ultimi anni e proposto alcune strategie di difesa per il 2010.  Una malattia che ha provocato un certo danno in Valle, è la butteratura amara, volgarmente detta petecchia“.  Sono stati presi in esame i fattori predisponenti verificatesi nell’annata 2009 e gli accorgimenti per il contenimento sia per quanto riguarda i trattamenti fogliari a base di calcio che i mezzi agronomici.

(fonte: Ufficio Stampa Fondazione Edmund Mach Istituto Agrario di San Michele all’Adige)