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A Fratta Polesine (RO), tra grani antichi ed erbe profumate, lo scorrere dei fiumi, musei ecoambientali e musei della civiltà e del lavoro

soci Argav in visita all’ecomuseo Mulino al Pizzon di Fratta Polesine (RO), foto Nadia Donato, consigliere Argav

(di Marina Meneguzzi, vice presidente Argav) Bella e interessante giornata quella trascorsa dai soci Argav sabato 24 luglio scorso a Fratta Polesine (RO), cittadina che può vantare secoli di storia, essendo stata, tra il XII e il X secolo a.C., un centro di scambi commerciali molto importante di quella che era chiamata la “via dell’ambra” (dal Mar Baltico e il Mare del Nord al Mediterraneo), come documenta il locale Museo Archeologico Nazionale, ubicato nelle barchesse della cinquestesca Villa Badoer, progettata da Andrea Palladio (1508-1580).

Luigi Marangoni (foto Marina Meneguzzi)

Un eco-museo per l’ambiente in cui la struttura è collocata, per la sua storia e la vocazione alla formazione, per l’energia sostenibile usata. L’occasione che questa volta ci ha portato in Polesine, terra che riserva sempre belle sorprese, è stata la visita ad un mulino terragno Ottocentesco oggi di proprietà di Donatella Girotto e Luigi Marangoni, due “visionari” che da oltre quarant’anni dedicano con passione le loro energie a valorizzare il territorio del Delta veneto dal punto di vista turistico, ambientale e culturale. Insieme a loro, ad accoglierci c’era anche Cristiano Fenzi, presidente del gruppo CTG “Rovigoti” (volutamente non rodigini o polesani, per accentuarne l’attaccamento alla tradizione), che con i suoi volontari ha contribuito e contribuisce tuttora a rendere il Mulino di grande interesse sia per adulti che per bambini e ragazzi, grazie alle coltivazioni sperimentali di grani

grani antichi (foto Marina Meneguzzi)

conca di navigazione (foto Alessandro Bedin, consigliere Argav)

antichi e alla visita a questo magnifico esempio di archeologia industriale costruito sulle rive di un antico corso del Po, che ora si chiama Tartaro-Canalbianco ed in cui si getta un altro fiume, lo Scortico, che deriva dall’Adige. All’incrocio dei fiumi, per ovviare al salto d’acqua che ostacolava la continuità della via navigabile tra Po e Adige, nel XVI secolo, la Serenissima vi costruì delle conche di navigazione, tuttora visibili. In seguito ad un alluvione, nel 1823, per risollevare le sorti economiche del paese, il comune di Fratta Polesine vi costruì il Mulino (1846-1850), che prese il nome di “al Pizzon” dalla forma del pezzo di terra che si interseca tra i fiumi.

Cristiano Fenzi, presidente Ctg Rovigoti, mostra ai soci Argav il macchinario ottocentesco del mulino (foto Alessandro Bedin)

Mulino al Pizzon, l’antica mola (foto Alessandro Bedin)

All’interno, al piano superiore, le cui pareti sono ancora annerite dal fumo del terribile incendio che devastò in parte la struttura nell’ottobre 2018, sono visibili l‘antica mola ed i macchinari originali ottocenteschi che la sostituirono nel tempo nella macina del frumento e del mais.

soci Argav in visita all’eco-museo Mulino al Pizzon di Fratta Polesine (RO), foto Alessandro Bedin

Attività fluviali e non. Di fronte al Mulino c’è anche uno “squero”, un piccolo cantiere per la riparazione e restauro di barche da fiume. Presenti anche un approdo per barche e canoe sul canale Scortico, mentre sul Tartaro-Canalbianco c’è un approdo per i battelli che percorrono la via navigabile Mantova-Venezia. In questi tratti fluviali, grazie agli insegnamenti di Cristiano, alcuni di noi hanno avuto un primo approccio alla voga veneta, che tutti possono provare come si possono affittare canoe per scoprire il paesaggio circostante dal fiume. In una corte antica c’è anche una fattoria didattica-sociale con una stalla-modello per allevamento mucche da latte e l’addestramento di cani e rapaci, e con asinelle, pappagalli, coniglietti, animali da cortile, visitabile su prenotazione (visite guidate e laboratori didattici per gruppi e scuole, collegati al pane, ai grani antichi, agli impianti di energie rinnovabili info@locandaalpizzon.com – tel. 393/9541500).

sala da pranzo del Mulino (foto Alessandro Bedin)

Ospitalità. Nel Mulino si può anche sostare per la notte – ci sono alcune camere nella casa dell’ex mugnaio- nonché mangiare le deliziose specialità preparate da Donatella e dal suo staff in cucina, frutto della sua passione culinaria che guarda anche all’uso sapiente delle erbe, come ad esempio l’elicriso, pianta simbolo del Giardino Botanico Litoraneo del Veneto di Porto Caleri a Rosolina (RO), che abbiamo visitato tempo fa (per informazioni e prenotazioni ristorante e alloggio: 393 9541500/info@locandaalpizzon.com).

Dopo la visita all’eco-museo Mulino al Pizzon, alcuni di noi si sono recati nel centro di Fratta per visitare una straordinaria realtà: il Museo della Civiltà e del Lavoro in Polesine “Il Manegium” (il nome deriva da un toponimo medievale indicatore dei territori che ne facevano parte, tra cui quello di Fratta Polesine), che sorge all’interno del Palazzo Grindatti-Boniotti (XVI secolo, più volte rimaneggiato), donato dagli eredi Boniotti all’associazione che si occupa di ricerche storiche, artistiche, archeologiche ed etnografiche. Nei tre piani del palazzo, completamente restaurato grazie al lavoro anche dei soci Argav Giorgio Pavan, Domizio Gabanella, Gilmo Miotto e Renzo Toso, che fanno parte dell’associazione Il Manegium e che ci hanno fatto da ciceroni nella visita, trovano spazio il Museo Etnografico sulla civiltà del lavoro in Polesine, una mostra storico-documentaria sulla Carboneria polesana (Fratta Polesine ha visto il primo arresto di un gruppo di Carbonari in Italia, con detenzione nel carcere dello Spielberg e la morte di Antonio Fortunato Oroboni narrata da Silvio Pellico ne “Le mie Prigioni”), una mostra storico-documentaria su Giacomo Matteotti (1885-1924) grande politico socialista e il più acceso avversario del regime fascista, che pagò con la vita per la sua azione e le sue idee e di cui, di fronte al Manegium, si può visitarne anche la casa-museo; ancora, nel Manegium c’è una mostra sulla religiosità popolare ed una raccolta di animali e uccelli imbalsamati, ma anche una stanza con i giochi “di una volta” e una arredata a mo’ di classe scolastica degli anni ’60, con tanto di banchi (senza rotelle), cartelle di cuoio e abcedario alle pareti.

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